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venerdì 27 marzo 2015

Erbe depurative

Eliminare le sostanze tossiche.

La silimarina, principio attivo del Cardo mariano, è dotata di sicura azione contrastante gli effetti epatolesivi di svariati agenti epatotossici; questo principio attivo è in grado di agire sulle lesioni lisosomali e mitocondriali da etanolo.

Il Carciofo agisce sul metabolismo lipidico diminuendo la produzione di colesterolo e di trigliceridi endogeni e aumentandone l'escrezione o la ridistribuzione nei depositi naturali.

La medicina popolare ha riconosciuto al Tarassaco il potere di stimolare le funzioni epatiche. Il tarassaco agisce tramite l'aumento della contrazione della cistifellea (azione colagoga) e sull'aumento della secrezione biliare (azione coleretica).

Il Crisantemo americano migliora l'attività degli enzimi digestivi del fegato, favorendo di conseguenza l'eliminazione di colesterolo e trigliceridi e inibendone la produzione a livello epatico.

La corteccia del Crespino, contenente, berberina, è utilizzata come stomachico amaro  e stimolante della funzionalità epatica.

La boldina, contenuta nel Boldo, esercita un'azione elettiva sulla secrezione biliare e, in particolare, sulla fluidificazione della bile in quanto sarebbe in grado di modificarne le caratteristiche chimicofisiche, diminuendone la densità, la viscosità e aumentandone il contenuto acquoso.

Il Combreto favorisce la produzione di bile da parte del fegato e la digestione dei cibi.

Menta - il suo effetto mercuriale, interamente votato a facilitare tutti gli scambi che interessano il sistema respiratorio si estende a quello digestivo dove si può apprezzare la qualità di contenere e flatulenze, i gonfiori e le irregolarità.

A livello fisico il Rosmarino è utile per contenere le somatizzazioni nervose: esofagiti, gastriti, duodeniti, dolori al fegato e biliari, coliti.

sabato 21 marzo 2015

Depurare il fegato

Disintossicare il fegato per depurare il corpo.

Il fegato è l'organo centrale del processo di disintossicazione; la sua funzionalità dipende da un intricato sistema di reazioni chimiche che riciclano le tossine trasformandole in sostanze non nocive, che possono essere eliminate con sicurezza.

Ogni reazione dipende da un numero specifico di nutrienti che ne permettono il funzionamento.

Un sovraccarico di sostanze tossiche può indurre sintomi quali fatica cronica o cattivo stato di salute.

Le tossine influenzano il modo in cui pensiamo e come ci sentiamo.
Allo stesso modo il nostro pensiero può influenzare il modo in cui ci disintossichiamo. Gli ormoni dello stress infatti possono rompere l'equilibrio biochimico e rallentare i processi di disintossicazione a livello del fegato.

La disintossicazione nel fegato è controllata da due fasi principali chiamate Fase I e Fase II.

giovedì 19 marzo 2015

Allergia Sintomi

Quando intervenire con una integrazione nutrizionale di piante officinali.

I disturbi e i sintomi che contraddistinguono le allergie stagionali sono comuni a molti:

- starnuti, spesso con naso ostruito e gocciolamento;
- tosse;
- prurito ad occhi, naso, gola;
- occhi lacrimanti;
- naso arrossato dovuto ad eccessiva sollecitazione;
- presenza di occhiaie per maggiore afflusso di sangue nei seni paranasali.

Nei soggetti non allergici, le mucose nasali trasportano con sé le particelle estranee verso la gola, dove sono ingerite oppure espulse tramite la tosse.

Qualcosa di diverso accade invece nei soggetti allergici.

In questi casi, appena un allergene viene in contatto con l'interno del naso tramite la respirazione, una catena di reazioni inducono il rilascio di istamine da parte delle cellule mastociti; tali sostanze inducono una contrazione dei tessuti cellulari responsabili dell'afflusso di sangue nel naso, con il conseguente rilascio di liquidi che causano il rigonfiamento dei seni paranasali, risultando in una congestione nasale.

sabato 14 marzo 2015

Garcinia

La Garcinia o Tamarindo del Malabar è un frutto giallastro dalle dimensioni di un’arancia, originario dell’India meridionale; è stato impiegato per secoli nella medicina ayurvedica nel trattamento dell’obesità: diminuisce l’introito calorico, riduce l’accumulo dei grassi a livello addominale e regola il senso della fame.

Le componenti principali sono acido idrossicitrico (HCA), piccole quantità di mucillagini, pigmenti, flavonoidi e amine. 

L’HCA inibisce la lipogenesi interferendo con l’enzima ATP-citratoliasi, che catalizza la trasformazione del citrato in acido ossalacetico e acetil-CoA. Il citrato viene prodotto in eccesso a livello dei tessuti lipogenici (fegato, intestino, tessuto adiposo) quando l’alimentazione è eccessiva, soprattutto se a base di zuccheri. L’acido ossalacetico rappresenta il prodotto di partenza per la sintesi dei grassi che vengono poi stoccati nel tessuto adiposo sottocutaneo. Pertanto l’HCA inibisce l’accumulo di calorie sotto forma di grassi di deposito sottocutaneo. Inoltre, l’HCA stimola la glicogenosintesi epatica a partire dal glucosio con conseguente incremento dei depositi di glicogeno in quest’organo. L’aumento del glicogeno epatico rappresenta un segnale inibitorio per il nucleo ipotalamico della fame e allo stesso tempo uno stimolo per il centro della sazietà.

Il Magnesio nelle patologie cardiache

Un minerale amico del cuore.

In medicina cardiovascolare, il magnesio è di grande importanza nel trattamento delle aritmie e malattia coronarica. Il magnesio aumenta la soglia di fibrillazione ventricolare e prolunga il tempo di recupero nel nodo del seno e il tempo di conduzione atrioventricolare.

Le principali indicazioni del magnesio in ambito cardiologico sono la tachicardia indotta da digitale, le tachiaritmie atriali multifocali. Inoltre, il magnesio è stato utilizzato con successo in ectopie ventricolari dopo sovradosaggio di neurolettici o antidepressivi triciclici.

Potenziali benefici si possono avere anche in tachicardie ventricolari monomorfiche e in aritmie ventricolari che non hanno risposto ai farmaci antiaritmici di classe III. Recenti studi hanno dimostrato gli effetti positivi del magnesio nella gestione perioperatoria dei pazienti, di cui può essere ridotta l'incidenza di aritmie atriali e ventricolari.

Il magnesio per via orale è stato utilizzato per anni nei pazienti con battiti ventricolari prematuri (PVB). Diversi studi hanno dimostrato che la terapia orale con magnesio può efficacemente ridurre l'incidenza di PVB.

venerdì 13 marzo 2015

HDL LDL

Ruoli differenti per trasportatori a diversa densità.

Le lipoproteine sono particelle che contengono trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo, e proteine anfipatiche chiamate apolipoproteine.

Le lipoproteine possono essere differenziate in base alla loro densità e anche ai tipi di apolipoproteine che contengono.

Il contenuto in lipidi di una lipoproteina influisce sulla sua densità:
minore è la densità di una lipoproteina, maggiore la quantità di lipide che essa contiene rispetto alle proteine.

I 4 tipi principali di lipoproteine sono:
- chilomicroni, caratterizzati dalla minor densità;
- lipoproteine a densità molto bassa (VLDL - very low density lipoproteins);
- lipoproteine a bassa densità (LDL - low density lipoproteins);
- lipoproteine ad alta densità (HDL - high density lipoproteins);

Chilomicroni e VLDL trasportano i trigliceridi alle cellule del corpo.
Mentre i chilomicroni sono sintetizzati dagli enterociti, le VLDL sono prodotte nel fegato. La funzione di queste lipoproteine è rifornire di trigliceridi le cellule del corpo. Questi infatti sono rimossi da chilomicroni e VLDL attraverso l'azione della lipasi, un enzima che si trova sulla superficie delle cellule endoteliali. Questo enzima digerisce i trigliceridi in acidi grassi e monogliceridi, che possono poi diffondere nella cellula per essere ossidati e liberare energia o, nel caso di una cellula adiposa, per essere ri-sintetizzati in trigliceridi e immagazzinati nella cellula.
Le VLDL nel loro percorso rilasciano trigliceridi e aumentano la loro densità e il contenuto in colesterolo, trasformandosi dapprima in IDL (intermediate density lipoproteins) e poi in LDL. Queste trasportano colesterolo alle cellule dove viene utilizzato, ad esempio, nella composizione delle membrane o per la sintesi di ormoni steroidei.

Partenio

Il partenolide, un lattone sesquiterpenico presente in natura come componente del partenio (Tanacetum parthenium), una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae, è già da tempo oggetto di numerosi studi per le sue potenti e complesse proprietà farmacologiche antiossidanti, antimicrobiche e antinfiammatorie, tanto che la somministrazione di estratti di partenio per via orale o per infusione per il trattamento di febbre, dolori gastrici, artrite reumatoide e per la profilassi dell'emicrania, da semplice rimedio tradizionale, è diventata ormai una pratica piuttosto abituale anche nella medicina ufficiale.

Dal lavoro di ricerca svolto negli ultimi anni da alcune equipe internazionali è emerso che il partenolide ha anche delle importanti proprietà antitumorali che interessano diverse linee cellulari. Nello specifico, è stato dimostrato che il principio attivo è in grado di inibire la proliferazione delle cellule neoplastiche e di provocarne la morte per apoptosi.

La capacità di inibire il legame del DNA con i fattori di trascrizione NF-kappaB, costitutivi in diversi tipi di neoplasia, attraverso l'interazione con IKK o più direttamente con la subunità p65 dell'NF-kappaB è considerata una delle principali modalità d'azione del partenolide. Attraverso l'inibizione dell'attivazione degli STAT (Signal Transducers and Activators of Transcription) e della MAP-chinasi e l'induzione di una sostenuta attività delle JNK e della p53, ottenute influenzando direttamente i livelli della MDM2 e della HDAC1, esso provoca inoltre un incremento della suscettibilità delle cellule neoplastiche alla chemio e alla radioterapia.

A livello epigenetico, il partenolide riduce i livelli di HDAC12 e, inibendo l'attività della DNMT2, induce la totale ipometilazione del DNA, che può riattivare l'espressione di alcuni geni soppressori. Questi provocano una riduzione dei livelli cellulari di GSH nelle cellule neoplastiche, a cui fanno seguito un accumulo di radicali liberi e, finalmente, l'apoptosi.


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mercoledì 11 marzo 2015

Griffonia



La Griffonia è una pianta legnosa appartenente alle zone africane tropicali e umide. I semi contengono 5-idrossi-triptofano (5-HTP), un precursore della serotonina, neurotrasmettitore coinvolto in varie funzioni fisiologiche, tra cui l'umore, il sonno, l'appetito. Il 5-HTP, a differenza del triptofano esogeno, riesce agevolmente ad attraversare la barriera ematoencefalica, contrastando depressione ed ansia.

Comparando l’estratto con altri antidepressivi, si è evidenziato un’attività maggiore associata a scarsi effetti collaterali, al contrario di Prozac, Effexor, Paxil i quali non sono stimolatori della serotonina ma servono a tenerla per un periodo più lungo in circolo, inibendo il meccanismo di ricaptazione delle serotonina.

La Griffonia è utile anche in caso di insonnia, allungando la fase REM.