Ha destato un certo
clamore e, inevitabilmente, molte discussioni, anche a livello scientifico, il
recente studio dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro sul rapporto
tra consumo di carne rossa e tumori. È noto da tempo che la carne rossa e,
soprattutto, gli insaccati possono essere potenzialmente cancerogeni. Che cosa
è cambiato, allora? La certezza della classificazione di un autorevole organismo
internazionale, la IARC (International Agency for Research on Cancer, organismo
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) che, dopo aver passato in rassegna
800 studi epidemiologici eseguiti in tutti i paesi del mondo e incentrati sulla
relazione tra carni rosse e insorgenza di cancro, ha inserito le carni lavorate
tra i cancerogeni certi (il cosiddetto gruppo 1, che comprende anche l’amianto,
l’alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus), e
le carni rosse tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (gruppo
2A).
Il lavoro (Bouvard et
al., 2015), pubblicato su una delle più autorevoli riviste della letteratura
scientifica, Lancet Oncology, è stato condotto da un gruppo di ricerca
internazionale in seguito alle numerose evidenze scientifiche, di tipo
epidemiologico, che mettono in relazione, a livello di popolazione, l’elevato
consumo di carni rosse e lavorate con una maggiore probabilità di insorgenza di
alcuni tipi di tumore, in particolare quelli dell’apparato gastrointestinale.
Ma andiamo con ordine,
cercando di spiegare quali siano i reali termini della questione e, quindi,
come vada recepita correttamente la notizia.